(nota aggiunta alla fine ma posizionata all'inizio: no, giuro che io volevo scrivere solamente qualcosa sulla matura che è lì ad aspettarmi a giugno... anzi, praticamente a luglio... ma che ce posso fà se poi ci prendo la mano? chiedo perdono, perdono e pazienza... :D)
Sì, insomma, vi chiedo uno sforzo di immaginazione: soccorrete le mie misere capacità descrittive e immaginate, immaginate voi, quel che io mi vedo davanti agli occhi. Ed ecco che appare un campo, e nel campo prato e piante, e tra le piante un albero, e sull’albero i rami, e tra i rami foglie, e tra le foglie frutti, e tra i frutti un frutto, e entro a quel frutto il mondo. No, anzi, mi scuso: d’altronde lo dicevo, già avevo messo le mani avanti, già vi avevo avvisati sulla mia imprecisione descrittiva, sulla mia poca acribia. No, dunque, non
il mondo. Ma
un mondo!
Un mondo, uno solo, un singolo, personalissimo, alienatissimo, mondo.
Un mondo, idiosincratico, autoreferenziale, monadico e chiuso:
un mondo solo, ma che vive di sé e per sé. E sapendo questo, perdonerete il mio errore e vi sarà chiaro il perché io dicessi
il mondo e non
un mondo: per esso il mondo è se stesso,
il mondo, l’unico possibile, l’unico immaginabile, l’unico minimamente conosciuto. Ma mi dilungo e mi annoio. Ebbene sì, lo ammetto, riesco ad annoiarmi da solo, ovvero ad annoiare me stesso: c’è un merito, in questo? Non so, di sicuro un conforto: mal comune in mezzo al gaudio. Dunque un frutto, dicevamo, fra le foglie abbracciate ai rami di un albero, là, in mezzo a quel campo di verzure e primizie dell’immaginario, un frutto contenente un mondo che, chiuso entro i limiti del proprio orizzonte, percepisce solo se stesso e pensa di essere tutto. Un frutto con parecchie chiazze verdi, in verità, notate? Un frutto che attende le piogge per placare la sete ed il sole per scaldare la buccia, un frutto che si inebria della linfa che scorre nelle vene dell’albero, linfa verde, di un verde vita che ha qualcosa di spettacolare – superbo. Il frutto pensa – sì certo, è un frutto – e pensa. Che pensa? Pensa a se stesso. Ed in particolare quando il vento lo fa dondolare pericolosamente, quando il vento arriva a spettinare le foglie, quando il vento arriva a grattarsi la schiena sui rami, pensa
pensa
cadrò?
Ed in particolare quando la pioggia scende a piangere lacrime pesanti sul verde, quando la pioggia scende a lavare le rughe antiche dell’albero antico, quando la pioggia scende troppa, bagnata, inzuppante, grave, pensa
pensa
morrò?
Ed in particolare ora, ora e adesso, ora e adesso e in questo momento, ora e adesso e in questo momento e in quell’istante che – ve ne siete accorti? – è appena passato, ed in particolare – subito – con il sole che sta ritornando a splendere e a colorare un po’ quelle chiazze verdi di nuovo colore, a donare consistenza, a donare zucchero – zucchero e polpa – e sali minerali – ora che il sole sta tornando a scaldare la buccia fredda e ingrossare e curare e cullare e – certo – anche – un po’ bruciare, pensa
pensa
ed ora?
cadrò? morrò? ed ora? e se cadrò che sarà? e se morrò che vedrò? – nulla – tu menti – non mento – m’inganni – che c’è? – il vento – che vedi? – le stelle... – son belle? – più belle – di cosa? – del mare – l’hai visto? – che cosa? – il gran mare – in un sogno – com’è? – fa sognare – un sogno nel sogno – ma adesso… sei sveglio? – sì dormo – che senti? – la pioggia – fa male? – un pochino – è dolce? – che cosa? – la pioggia selvaggia – più dolce del vino – t’invidio – non devi – ne bevi? – di cosa? – del sole – ogni tanto – che temi? – non so – non lo sai? – quasi no…
…e aspetta il frutto il raggio del mattino, – aspetta e dorme fra due foglie, l’una
il calore buono dell’ignoranza,
l’altra il freddo tremore di domani,
aspetta e dorme e sogna il mare grande – e sogna il vino forte – e lacrime di pioggia – e il giallo caldo sole,
già canta il gallo l’oro del mattino
e svapora il mare e dilegua il vino…