...maturato al sole della california come una sunsweet...


(nota aggiunta alla fine ma posizionata all'inizio: no, giuro che io volevo scrivere solamente qualcosa sulla matura che è lì ad aspettarmi a giugno... anzi, praticamente a luglio... ma che ce posso fà se poi ci prendo la mano? chiedo perdono, perdono e pazienza... :D)

Sì, insomma, vi chiedo uno sforzo di immaginazione: soccorrete le mie misere capacità descrittive e immaginate, immaginate voi, quel che io mi vedo davanti agli occhi. Ed ecco che appare un campo, e nel campo prato e piante, e tra le piante un albero, e sull’albero i rami, e tra i rami foglie, e tra le foglie frutti, e tra i frutti un frutto, e entro a quel frutto il mondo. No, anzi, mi scuso: d’altronde lo dicevo, già avevo messo le mani avanti, già vi avevo avvisati sulla mia imprecisione descrittiva, sulla mia poca acribia. No, dunque, non il mondo. Ma un mondo! Un mondo, uno solo, un singolo, personalissimo, alienatissimo, mondo. Un mondo, idiosincratico, autoreferenziale, monadico e chiuso: un mondo solo, ma che vive di sé e per sé. E sapendo questo, perdonerete il mio errore e vi sarà chiaro il perché io dicessi il mondo e non un mondo: per esso il mondo è se stesso, il mondo, l’unico possibile, l’unico immaginabile, l’unico minimamente conosciuto. Ma mi dilungo e mi annoio. Ebbene sì, lo ammetto, riesco ad annoiarmi da solo, ovvero ad annoiare me stesso: c’è un merito, in questo? Non so, di sicuro un conforto: mal comune in mezzo al gaudio. Dunque un frutto, dicevamo, fra le foglie abbracciate ai rami di un albero, là, in mezzo a quel campo di verzure e primizie dell’immaginario, un frutto contenente un mondo che, chiuso entro i limiti del proprio orizzonte, percepisce solo se stesso e pensa di essere tutto. Un frutto con parecchie chiazze verdi, in verità, notate? Un frutto che attende le piogge per placare la sete ed il sole per scaldare la buccia, un frutto che si inebria della linfa che scorre nelle vene dell’albero, linfa verde, di un verde vita che ha qualcosa di spettacolare – superbo. Il frutto pensa – sì certo, è un frutto – e pensa. Che pensa? Pensa a se stesso. Ed in particolare quando il vento lo fa dondolare pericolosamente, quando il vento arriva a spettinare le foglie, quando il vento arriva a grattarsi la schiena sui rami, pensa

pensa

cadrò?

Ed in particolare quando la pioggia scende a piangere lacrime pesanti sul verde, quando la pioggia scende a lavare le rughe antiche dell’albero antico, quando la pioggia scende troppa, bagnata, inzuppante, grave, pensa

pensa

morrò?

Ed in particolare ora, ora e adesso, ora e adesso e in questo momento, ora e adesso e in questo momento e in quell’istante che – ve ne siete accorti? – è appena passato, ed in particolare – subito – con il sole che sta ritornando a splendere e a colorare un po’ quelle chiazze verdi di nuovo colore, a donare consistenza, a donare zucchero – zucchero e polpa – e sali minerali – ora che il sole sta tornando a scaldare la buccia fredda e ingrossare e curare e cullare e – certo – anche – un po’ bruciare, pensa

pensa

ed ora?

cadrò? morrò? ed ora? e se cadrò che sarà? e se morrò che vedrò? – nulla – tu menti – non mento – m’inganni – che c’è? – il vento – che vedi? – le stelle... – son belle? – più belle – di cosa? – del mare – l’hai visto? – che cosa? – il gran mare – in un sogno – com’è? – fa sognare – un sogno nel sogno – ma adesso… sei sveglio? – sì dormo – che senti? – la pioggia – fa male? – un pochino – è dolce? – che cosa? – la pioggia selvaggia – più dolce del vino – t’invidio – non devi – ne bevi? – di cosa? – del sole – ogni tanto – che temi? – non so – non lo sai? – quasi no…

…e aspetta il frutto il raggio del mattino, – aspetta e dorme fra due foglie, l’una
il calore buono dell’ignoranza,
l’altra il freddo tremore di domani,


aspetta e dorme e sogna il mare grande – e sogna il vino forte – e lacrime di pioggia – e il giallo caldo sole,

già canta il gallo l’oro del mattino
e svapora il mare e dilegua il vino…

[...]

(azienda di promozione turistica non autorizzata)

...cose da fare assolutamente quest'estate:


Arrivare in cima al Legnone, senza fermarsi a metà...
(Sì il video c'entra così così, a me non interessa fare riprese aree con eventuali areomodelli... fossero 'modelli' e basta :D Però il posto è quello e il video non è male!)

(Si accettano iscrizioni! Ma tanto lo so che come al solito sarò da solo ad ammazzarmi su 'sti sentieri!!)



Non c'è ombrello che tenga

Ok sono giunto alla conclusione che, nonostante sia fisicamente impossibile per una questioncina di evaporazione e condensazione, nonostante vada contro il senso comune, nonostante non ci si voglia credere, piove proprio merda. Bella, odorosa, fragrante merda. E come quando uno si aggira beato e ignaro per le strade senza ombrello e questa sua mancanza gli è fatale nel momento in cui scoppia l’acquazzone, così uno che torna da Parigi ha una naturale e umana e del tutto comprensibile reazione di stupefatto orrore verso il mondo e sé, quando si accorge che quella che gli piomba addosso in compiaciute traiettorie spiraliformi ed in grossi e caldi goccioloni, altro non è che merda. La reazione è, dicevo, umana e comprensibile. Ora, volendo continuare il paragone, sarà facilmente chiaro a tutti che, una volta appurata l’impossibilità di fermare l’acquazzone, non essendo questa contemplata tra le nostre comuni capacità ed, anzi, esulando totalmente dal nostro campo di azione, è umano e comprensibile – se non addirittura auspicabile – rassegnarsi ad attendere che il cielo si asciughi e la terra pure. Insomma, si aspetta che finisca. E così, proprio a questa stessa maniera, anche nella strana ed imprevista situazione in cui mi trovo, ossia quella in cui piove merda, passata la catabasi infernale dei giorni scorsi, altro non posso fare se non attendere il sereno. Anzi, attendere serenamente il sereno. E Sereno non è un travestito. Insomma, attendere la Stitichezza dei Cieli. Detto questo bisogna anche – per onor del vero e in un impeto gratuito di auto-sincerità – ammettere che se vedo piover merda invece che acqua, questo non è assolutamente dovuto al fatto che piova merda – come potrà confermare qualunque scienziato, biologo, fisico, meteorologo, come anche persona comune – ma piuttosto ad una mia condizione umorale, una disposizione d’animo temporanea e contingente, via, diciamo così. Però, come dicevo, in questi casi devo solo rassegnarmi a me stesso, attendermi, aspettarmi, finche tutte le spie, le lancette e i manometri non siano tornati entro i livelli di guardia. E, dopo, lo so già – lo devo sapere – che come ogni altra volta torna a splendere il sole. Anzi, c’è da sperare che tutta questa merda che ora copre tutto e striscia ovunque e dilaga e invade e affoga, sedimenti poi sotto i raggi del sole e doni i suoi benefici effetti per la nascita di qualcos’altro… D’altronde, anche se sembra strano, ma i fondo, a pensarci, non lo è, la radice di ‘letame’ è proprio ‘laetus’ = ‘lieto’…

“…dal letame
nascono i fior…”

“…E’ quell’infinita tempesta
finita in un rivo canoro
dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro…”

Per dimostrare le buone intenzioni invece dei soliti video che indurrebbero al suicidio persino una capra di montagna, avendola prima resa conscia del suo sicuro quanto tragico destino d'allietare una tavola di campagna o di città - previa cottura - dedicherò uno spazietto a questo genio. Per chi non mastica l'inglese, è comunque fantastica la seconda parte, per chi lo mastica e lo digerisce - il che è più difficoltoso - la prima parte fa morir dal ridere... a uno spettacolo così - no, non si può dire solo 'concerto jazz' - andrei davvero volentieri!



Giovanni e la sua notte dolorosa...

Grande notte
un piccolo letto
una coperta spessa.

Piove o scroscia
forse una fontana:
la musica è la stessa.

Notte piccola
coperta soffocante
e tutto è niente

ed è un’angoscia
il fischio che stride
nella mente.

E tutto è dentro a quella notte greve
E tutto è dentro a quel fischio selvaggio
E tutto è dentro a quel letto angosciante

...v'è dentro un bimbo che non può dormire:
piange; e le stelle passano pian piano.

Non c'era di certo modo migliore per suggellare il centesimo post del blog... snort... umpf...

...faccia ebete e sorriso cretino...

Ed è stato amore a prima vista. Lei, con la sua sensualità esuberante, con la sua austera bellezza, col suo sorriso che sembra volerti prendere in giro. Io, piccolo piccolo al suo confronto, con gli occhi lucidi, esaltato, estasiato, febbrile, morboso. Ci siamo incontrati alla stazione e lei, già dalla stazione, già dal primo momento, ha mostrato il suo volto incantato: ed è stato amore a prima vista. Poi abbiamo passato insieme tre giorni di follia, tre giorni allucinati, entrando in sintonia, cercando l’uno nell’altra una complicità, il polso profondo, una vena segreta, nostra, condivisa. Ed è stata una carezza dolcissima.




Lei è così bella ed io la voglio rivedere. À bientôt, mon amour…


Nella ruvida notte
intonacata
di un buio grande

corre e fischia
un treno
tra campagne ignote.

Dai finestrini, vuote
facce di luce
guardano fisso fisso fuori:

con gli occhi spalancati
dei bambini
quando la nonna racconta

le storie a sera mentre cuce.
E già tramonta
la notte in una fioca luce.

E già più lenti sfilano
i bagliori
addormentati dei paesi.