Se e Quando... (dialogo ad altissimo valore potenziale)


Quando ritorni portami un fiore – dice e già sboccia un sorriso.
Quando ritorno un fiore, credi, ti porterò – dice e già pensa al colore, il colore del fiore, già vede il fiore guidarlo da terre lontane, compagno di viaggio, da lontane terre a casa, a casa…

Quando porta marzo i fiori – porterà marzo anche te?
Quando porta marzo i fiori – io con marzo ed i fiori verrò…

Quando verdi splenderanno i giardini – verde la vita sarà?
Quando verdi splenderanno i giardini – più azzurro il cielo amerà…

Quando ritorni portami un fiore – appassisce il sorriso gualcito.
Quando ritorno un fiore, credi, un fiore ormai io sarò – dice e già pensa al colore, il colore del fiore, già vede il fiore sfiorito sfiancato spento provato emaciato andare lontano, lontano, un petalo ancora sussurra, lontano, nel vento, a casa, a casa mai più…

window = wind + eye


È un vento venuto qui a ricordarci di muoverci, questo. Questo, è un vento messaggero. Un vento che vive, nasce, cresce, una brezza, si ingrossa, corre, galoppa, trotta, e arriva, e spazza spiazza scalcia schiaffa blocca ammazza. Volano i cappelli, i capelli sono fiamme sparse in ogni direzione. È un vento freddo, ma col gelo che si porta appresso ha scoperto e ridato la vita a un sole che ci aveva abbandonato. Un sole tiepido, che sembra primavera. Tu ricerchi gli albicocchi in fiore, ma è ancora secco il pruno, nel giardino dietro a casa mia. E se entri nel bosco – nel bosco tra i campi – il cielo ti sembra una vetrata gotica – la tecnica del cloissonisme – una vetrata azzurra, azzurra come se il mare potesse essersi stemperato e acquerellato per spennellare il cielo, e bagnarlo, azzurra che è in realtà cobalto che è in realtà indaco e anche verde – sì – verde, e ogni scaglia bagnata di cielo è una tessera di un mosaico di vetro – un mosaico sacro di vetro sacro – la grande vetrata fredda alta luminosa di una grande cattedrale sacra. Questo cielo sacro. Ed eccolo arrivato a soffiare – come se il cielo si fosse disciolto e sublimato e trasformato in aria – aria pura – e il cielo stesso – così fatto aria – fosse venuto a correre e galoppare e trottare e spazzare e spiazzare e scalciare e schiaffare e bloccare e ammazzare. Come se schiaffeggiasse se stesso. Cielo contro cielo. La lotta dell’aria azzurra. Così pulito che ti viene voglia di sporcarlo – ormai s’era persa l’abitudine alla limpidezza – tutto così sporco e pesante. Così trasparente che vorresti versarci inchiostro – ormai pareva dovesse solidificarsi, il cielo, e diventare etere denso, turbinoso, materico, spesso. Così gelido, ma non come quando piove ed è gelida l’acqua, non come quando nevica, non come quando è freddo e basta: il vento gelido è nuova vita e ghiaccio che accarezza la pelle, massaggia i capelli, si insinua sotto i vestiti. Violenza purificatrice, rabbia tersa e cruda, la bellezza della forza, potenza in atto, fascino della distruzione. E tutto quello che si può chiedere – è una grazia. Una grazia, una specie di miracolo, una vera redenzione. Potere essere appesi a questo filo che dondola forte con robuste mollette – dondolare subire lo schiaffo del vento schiaffo gelato limpido puro pulito – e sotto un tiepido sole – stare. Semplicemente stare. Come un panno ad asciugare al vento.

Accendi una lampada alogena e puntala su questo piccolo mondo

E i passi rimbombano
nell’aria ferma - saranno,
saranno poi i miei?
C’è l’ odore
di un ciocco buono
consumato sulla brace
di un camino.
Domenica pomeriggio:
il sole quieto è una tiepida calma,
tiepida calma che scalda l’aria,
torpida calma in cui i suoni
sono pochi: pochi
e sembrano annegare
in una quiete maggiore.
E sembra nel moto strano
e grande del grande universo
che stia pensando
di sbocciare un fiore.

Non tutto è quello che sembra

C'è da sgranare gli occhi! Questo disegnatore è maliziosamente un genio! Ma davvero bravo! La musica poi è da morir dal ridere...!




Questione di calzolai e ciabattini

Quando poi sarà pronta questa nostra nazione instupidita, quando poi ci renderemo conto che tutto, tutto sta accadendo come al tempo di Tiberio, che ci si lamenta perché vengono persi i valori repubblicani (allora) e la democrazia (oggi), ma comunque, nonostante questo, vigliaccamente, si delega, si lascia fare (Tiberio e la spirale del potere), quando poi apparirà alla luce del sole il cambiamento che vediamo avvenire, quando poi apriremo la Costituzione e la troveremo cambiata, quando poi consulteremo la legge e ne dovremo accettare l’intolleranza e l’oscurantismo, quando non resterà che un moderno retrivo e un oggi soffocante, forse un guizzo, forse un sussulto muoveranno ancora le nostre pupille assorte, illumineranno la patina calata sull’iride. O forse no, forse sarà persino troppo tardi e tutto sarà stato accettato, tutto sarà diventato ideologia, e sovrastruttura, e sarà impossibile, così inusitatamente faticoso da apparire impossibile, ‘alzare gli occhi a discernere il vero’. Sinceramente, ho paura e ribrezzo.



Scusi non ha un numero in più? Sa, ho il 45 e, così com’è, questo stivale mi va un po’ stretto…




Omnis homines, patres conscripti, qui de rebus dubiis consultant, ab odio, amicitia, ira atque misericordia vacuos esse decet.

Senatori, è bene che tutti gli uomini chiamati a prendere decisioni su questioni poco chiare siano liberi all’odio, dai favoritismi, dall’ira e dalla compassione.

Num negare audes? quid taces? Convincam, si negas.

Osi forse negare? Perché te ne stai zitto? Se dici che non è così, allora convincimi!

O di immortales! ubinam gentium sumus? quam rem publicam habemus? in qua urbe vivimus? Hic, hic sunt, in nostro numero, patres conscripti, in hoc orbis terrae sanctissimo gravissimoque consilio, qui de nostro omnium interitu, qui de huius urbis atque adeo de orbis terrarum exitio cogitent.

O dei immortali! In mezzo a che gente siamo? Quale stato abbiamo? In che città ci ritroviamo a vivere? Sono qui, sono qui tra noi, qui nella nostra assemblea, senatori!, qui in questo consiglio – il più sacro e solenne del mondo! – sono qui, uomini che meditano la nostra morte, uomini che meditano la rovina di questa città e, addirittura, di tutto il mondo!

Poi vabbè il VaniloquenteTrombone (= Cicerone) doveva fare il suo teatrino esagerato (e io in traduzione l’ho anche un po’ aiutato :-p)… però per me son parole che ci stanno a pennello!