Questione di calzolai e ciabattini

Quando poi sarà pronta questa nostra nazione instupidita, quando poi ci renderemo conto che tutto, tutto sta accadendo come al tempo di Tiberio, che ci si lamenta perché vengono persi i valori repubblicani (allora) e la democrazia (oggi), ma comunque, nonostante questo, vigliaccamente, si delega, si lascia fare (Tiberio e la spirale del potere), quando poi apparirà alla luce del sole il cambiamento che vediamo avvenire, quando poi apriremo la Costituzione e la troveremo cambiata, quando poi consulteremo la legge e ne dovremo accettare l’intolleranza e l’oscurantismo, quando non resterà che un moderno retrivo e un oggi soffocante, forse un guizzo, forse un sussulto muoveranno ancora le nostre pupille assorte, illumineranno la patina calata sull’iride. O forse no, forse sarà persino troppo tardi e tutto sarà stato accettato, tutto sarà diventato ideologia, e sovrastruttura, e sarà impossibile, così inusitatamente faticoso da apparire impossibile, ‘alzare gli occhi a discernere il vero’. Sinceramente, ho paura e ribrezzo.



Scusi non ha un numero in più? Sa, ho il 45 e, così com’è, questo stivale mi va un po’ stretto…




Omnis homines, patres conscripti, qui de rebus dubiis consultant, ab odio, amicitia, ira atque misericordia vacuos esse decet.

Senatori, è bene che tutti gli uomini chiamati a prendere decisioni su questioni poco chiare siano liberi all’odio, dai favoritismi, dall’ira e dalla compassione.

Num negare audes? quid taces? Convincam, si negas.

Osi forse negare? Perché te ne stai zitto? Se dici che non è così, allora convincimi!

O di immortales! ubinam gentium sumus? quam rem publicam habemus? in qua urbe vivimus? Hic, hic sunt, in nostro numero, patres conscripti, in hoc orbis terrae sanctissimo gravissimoque consilio, qui de nostro omnium interitu, qui de huius urbis atque adeo de orbis terrarum exitio cogitent.

O dei immortali! In mezzo a che gente siamo? Quale stato abbiamo? In che città ci ritroviamo a vivere? Sono qui, sono qui tra noi, qui nella nostra assemblea, senatori!, qui in questo consiglio – il più sacro e solenne del mondo! – sono qui, uomini che meditano la nostra morte, uomini che meditano la rovina di questa città e, addirittura, di tutto il mondo!

Poi vabbè il VaniloquenteTrombone (= Cicerone) doveva fare il suo teatrino esagerato (e io in traduzione l’ho anche un po’ aiutato :-p)… però per me son parole che ci stanno a pennello!

1 commento:

ribaldo ha detto...

Forse è un po' OT, ma...che bello sarebbe stato avere un insegnante di latino come te!
...va da sè che, da appassionato di storia, non posso che condividere il contenuto del tuo post!