NARRAMI O MUSA...

Narrami, Musa, tutto quello che vuoi, cominciando da dove preferisci... Non pretendo nulla. Non spero nulla, non temo nulla, sono libero. Chi legge me, non può sapere se quello che scrivo è la maschera, la cera bianca e colorata che mi copre, mi nasconde, oppure se è la verità, la mia essenza profonda, il distillato che elimina l'eccesso, l'eccipiente, il non utile, per lasciare la nuda anima mia, pronta e consapevole della sua vulnerabilità, delle ferite che le infliggerete, che le avete inflitto.

Sarà l'arte, sarà la tecnica, che difettano. Forse la perfezione retorica, stilistica, mi manca. Ma non l'umida lacrima, non il minio che colora le guance degli sguardi innamorati e schivi, non il brivido bluastro che percorre la spina dorsale, l'emozione.

Sarò anacronistico. Non so. Il nostro tempo sembra inguaribile. La poesia è morta, pare. Dove non è morta, è in coma. Provocazione, rabbia, meri paesaggi. Rinnovamento stilistico e formale. Eccola, la poesia, nel 2007. Il sentimento, quello, è dimenticato.

L'ho detto: non pretendo nulla. Un libero sfogo e la possibilità di fare, di scrivere ciò che mi pare, mi paiono sufficienti. Non pretendo di essere bravo o capace o geniale. Non pretendo di essere innovativo o originale. Sarò quello che sono, dirò quello che sento, come lo sento. Io canto quando posso, come posso, senza applausi o fischi...

Per il bello, per l'infinito, altri si accinsero all'inchiostro, meglio di me. Per il bello, per l'infinito, basta un cielo stellato, Sirio, Vega, Arcturus, la gialla... e le altre stelle, che non hanno nome, per me, se non quello che è stato dato loro dalle spensierate e meste fantasie delle sere estive baciate dal fuoco celeste, le sere dei siderascopi, quando il firmamento notturno era splendido, illuminato dalla costellazione della rapa, dalla C, da misteriosi velieri e lontano, forse, la senti? è una musica, musica strana... il lago, il lago nero, le acque da non disturbare, non risvegliarle, le acque, non risvegliare quegli incubi, di solitudine, nel grigio anno scolastico, di buio nel buio, senz'aria, nell'arancione di un pullman che passa ogni mattino per la fotocopia sbiadita di un mondo dimentico dei colori, della vita, della gioia... Profumo, vento tiepido una sera di maggio, vicino al canale dell'aperta campagna, le ciliege stanno già maturando, hai visto?, puntini rossi, scarlatti, piccole gocce di sangue nel verde del loro grande albero impassibile, come l'acqua che gli scorre di fianco, torbida, indolente. Un sentiero lungo, lepri che corrono, corrono come noi, col vento in faccia, quell'aria che si sente la sera, che di sera ammalia la mente, blocca il pensiero davanti al tramonto, dilata gli attimi... Hoc placet. Semplici campagne, monti terribile ed affascinanti, un mare noto e ignoto insieme, che riverbera la luce, del sole, dell'argentea luna, non so... non mi interessa...