Da scuola stavo uscendo a mezzogiorno
sul rumoroso autobus, io, solo,
del finestrino alla sporca cornice
abbarbicato.
Pensavo. E il nuvoloso cielo vidi:
grigia una coperta il giorno avvolgeva
già dalla mattina; ma ora un vento
nuovo soffiava.
Come in un dipinto a essermi trovato,
che un pittor d’estro acuto rifinisce
dando a dei meri segni anima e vita
con pennellate
così anch’io vedevo il grigio sfondo
essere dipinto con nuovo blu,
dapprima a tratti fini e impercettibili
e poi esplodendo.
O inverno! Dimenticar mi facesti
l’intenso lapislazzuli del cielo
che par di Michelangelo il giudizio,
ma pien di gioia!
O nubi! Il sole caldo, dove, dove
nascosto tenevate? che io non sentii
i suoi tiepidi raggi sul mio volto
per troppo tempo!
Che sensazione azzurro cielo e sole,
che strano potere avete voi, amici,
di rallegrar per un istante il cupo
mio vagare!
Ma già schiamazzan gli altri viaggiatori
ignari di quest’intima mia gioia,
ignari del colore che è tornato
almen per poco…
Zitti, stolti, lasciatemi ascoltare
dei gialli raggi questo calor buono,
non contagiatemi col vostro finto
essere allegri.
Io pur non vivo, è vero, ma rinasco
con un poco di sole e un vento vivo:
invece voi nell’illusione vostra,
fatta di grida,
non morti, né vivi, sopravvivete.
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