Decima Musa

A me, a me pare uguale
agli dei, uguale o addirittura,
si fas est, mi pare superiore,
più grande degli dei immortali
mi pare
colui
che accanto a te, al tuo
corpo vicino, così a te
vicino,
ti sente e ti vede
e vedendoti ti sente
ridere dolcemente
parlare amabilmente.

Mentre io ti guardo
e ti ascolto
– ma tu non lo sai –
vedo lui che ti sente
e ti vede
– così da vicino! –
e mi sembra superare
gli dei:
vede e sente te che ridi
dolcemente
e parli
amabilmente;

questo davvero mi sconvolge
il cuore nel petto
e la lingua mi si
spezza, sotto la pelle
rapido corre un fuoco
sottile, un nero sugli occhi
mi scende, il sangue
martella tonfi nei lobi,
gocce gelate precipitano
lungo il mio corpo
e tutto tremendamente
mi prende un tremore
e perdo il colore
fino ad essere
verde
e sento
sento
che
svengo
e sento,
sento
che
muoio.

Tutto bisogna sopportare.
Ripeto nel cervello che
tutto bisogna sopportare.
Perché…

Amabile Saffo, dolce ridente
coronata di viole,
tu decima Musa,
perché?

Tu lo sapevi, avevi trovato
un perché.

Tu lo sapevi, soffrivi,
sopportavi,
ma sapevi il perché.

Epei.

Il furto del tempo lo ha cancellato:
io non lo so più perché sopportare
tutto questo si deve. Ma dimmelo

dimmelo Saffo,
dimmelo.

Io non capisco,
risposta
non trovo.

Per quanto io cerchi

Non trovo.

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