Too much - Explode

L’affetto che provo è troppo.

Troppo bene io voglio a troppe persone.

Dovrei andarmene via.

Non è fuggire, no, non è scappare.

È cercare nuova gente.

Nuove relazioni superficiali.

E da lì ricominciare.

Senza quella paura di ferire.

Certo senza affetto, è vero.

Senza quella paura di ferire.

Non c’è profondità, è vero.

Senza quella paura di ferire.

Ricominciare da me.

Senza quella paura di ferire.

Vivrei in un annullamento della mia persona,
un annullamento in cui emergerebbero
i miei veri caratteri, gli istinti, l’impulsività,
senza quella paura di ferire qualcuno,
libero dai legami
ricostruirei una vita soffocando il vuoto
con la novità.

E poi?
E poi?
E poi?

Non c’è scampo.

E poi?

4 commenti:

Ghost of a Rose ha detto...

Esistere ha come piccolo effetto collaterale quello di creare legami.
Se ad esistere è una persona sensibile ed intelligente, tali legami diventano molto profondi, direi radicati nell'essenza stessa dell'esserci (hic et nunc).
Se tra due persone c'è un legame profondo, questo porta a farsi molto male e molto bene, entrambe le cose dovute al fatto che ognuno, all'altro, ci tiene davvero.
Se il legame è davvero forte, resiste anche alla sincerità. Lo sai, lo hai visto.
Non è corretto che si cambi per piacere a chi, comunque, non ti accetterà mai per come sei.
Poi si può essere saggi, e passar oltre le bizze momentanee. Oppure buttare tutto nel cesso. Non ho paura, a dirla tutta, di rifare un giretto nel tubo di scarico.
Io ho scelto di superare le divergenze, anzi, ammiro la varietà dell'umano. Dopodichè sta agli altri decidere cosa farsene di me.

Thrasùs ha detto...

Appunto. Non è pensabile esistere in un non-qui o in un non-ora. Per quante alternative si possano pensare il tutto si ripresenterebbe immutato. O peggio, privato di quella piccola gioia che sanno dare i legami profondi e sinceri.

Ciò non toglie che la percezione del male che si può fare e dell'inevitabilità di farlo mi precipita in una situazione veramente sgradevole. Quando emerege la divergenza di opinioni non a livello 'intellettuale', ma come interpretazione della vita stessa, io comincio a percepire una disattitudine alla socialità. comincio a percepire che sono troppo, troppo legato alle aspettative degli altri, che sono troppo, troppo disposto ad accettare mitemente ogni opinione giustificata anche quando mi accorgo che le mie opinioni giustificate vengono del tutto snobbate. Troppo, troppo mite e disponibile. E poi ci sto pure male. Ebbene, io ho paura di rifare un giretto nel tubo di scarico. Io l'acqua sulle amicizie, se sono vere, non la tiro mai. Ma sono ossessionato dal fatto che possano tirarla gli altri. Percepisco infine l'errore di questa mia condizione e sono ben cosciente del fatto che se io rispetto devo anche essere rispettato: altrimenti l'amicizia non è così vera o così profonda come si vuol credere. Ma pur sapendo qual è il bene, la passione è in me più forte della ragione. E mi riduco alla scissione tra una mitezza che sfiora la stupidità (chiudere gli occhi su qualunque cosa, non replicare, lasciar correre in nome del 'quieto vivere') e un profondo senso di ribellione interna (imporre il mio amor proprio, esigere rispetto, esigere la capacità di fondare un'amicizia sui legami e non sulla concordanza o meno di idee). E mi ritrovo a pensare che se non avessi legami d'amicizia non ci sarebbero aspettative, né paure dello sciacquone. Ma è un sogno nemmeno tanto utopistico. Anzi, conformemente alla mia natura, è un sogno che definirei masochista, un gusto per l'orrido. Cercare il male per se stessi. La pace dei sensi di colpa superficiali ed il silenzio della personalità. Ma anche un sogno, per quanto masochista ha un'attinenza con la realtà: ed è la domanda 'se si avvera, ma avvera davvero, poi cosa succede?'. E poi? E poi? E poi?

Ghost of a Rose ha detto...

La sopravvivenza biologica è assicurata. Poi, be', io credo che comunque si trovi un modo per cavarsela. Ricordi quella discussione filosofica in cui dicevo che bene o male riusciamo a superare anche i momenti peggiori? Non solo superarli, no; riusciamo addirittura a tornare ad essere felici. L'uomo, io credo, è un animale molto adattabile. Si chiude magari in se stesso e nella sua piccola quotidianità, si riempie di impegni e si sfianca; tanto da non accorgersi nemmeno di quanto pietosa la sua condizione.
Ecco, io credo che poi, che poi, che poi succeda questo.
Piccola controindicazione: quando ci sono i momenti di crisi, quando il giochino cade a terra e si spezza, tutto il vuoto emerge e soffoca. La solitudine e l'inconsistenza del proprio essere uomo, fragile quanto i legami superficiali, uomo che E' animale sociale... ti schiantano, io credo. Ti schiantano.
Horror vacui.

P.S. secondo me negare al mondo la tua arte è delitto... senza fretta, quando vuoi, ma... ;-P

Thrasùs ha detto...

Premetto che questa risposta nasce dall'insano gusto di vedere il numero 4 accando all'indicazione 'commenti' del mio blog!

Infatti è una risposta inutile: quel che dovevo dire l'ho detto e quel che mi son dimenticato l'hai aggiunto tu.

Per quanto riguarda 'negare al mondo la mia arte'. Sono un ottimo critico. Se sospettassi in me un flatus leopardiano, pascoliano, montaliano, penniano, kavafisiano, sabiano, saffiano, oraziano, - insomma - ...ano (!), ti assicuro che non esiterei a rendere pubblico il cumulo delle mie produzioni (previa approvazione da parte degli ispettori d'igiene: merda d'artista!). In realtà no. Ora come ora nemmeno se fossi la reincarnazione di Leopardi renderei bubblico il monticello. E poi, da buon critico, mi rendo conto, oggettivamente, che l'unico valore legato alla mia produzione è un avalore affettivo (pertanto da me attribuito e per me solo valido). Artisticamente, valgono proprio poco. Altro discorso è che rispetto all'orizzonte letterario moderno io, un semplice studente di una scuola di provincia, scrivo meglio di tanta gente che purtroppo pubblica libri e prostituisce il nome della poesia (!) per un mero guadagno. Ma ciò non toglie che io non riesco mai, mai a raggiungere nella realtà effettuale quella che è la mia idea alta di poesia. Non è forse un segno del poco valore di ciò che creo? Sinceramente sì. Il mio blog è bello per chi può capirlo, per chi può ricordare qualcosa di bello o di brutto leggendolo, per chi mi conosce e ha attraverso esso una finestra aperta su di me. Per qualunque altro lettore, non è possibile trovare alcun valore. Almeno per ora. Mai dire mai ;-)