Nox cuna hominum

Nox erat et placidum carpebant fessa soporem
corpora per terras silvaeque et saeva qierant
aequora… e quando in mezzo al giro sono
le stelle, e dorme, dolcemente dorme
il mondo, il campo fragrante, il gregge,
dormono gli animali, l’acque, le rocce,
dorme la notte addormentata e posata
con delicatezza sulle vite pulsanti
e si spegne l’aspro fragore del giorno
e s’assopisce il tumulto dei pensieri
e più chiaro e più distinto appare
questo ardito ma indolente vago girare,
al nulla condannato e qui cullato
da questo buio che al buio maggiore
la mente, suggerendo, porta, conduce,
mi appare la dolcissima illusione,
figlia della luna e di queste tenere
nubi, che una chiara manciata
di stelle trafigge senza pianto
né dolore, solo un sussurro di astri in moto,
illusione che l’impalpabile farina
della esistenza che ci teniamo stretta
sia cuscino di una culla molle,
sia la ninna nanna che sussurrano i cirri
nel cielo, le note di un fungo che cresce,
il vago presentire di un domani incerto,
un soffio caldo che scuote l’aria immobile
della lucida sera che dorme all’aperto,
velata da una coltre di nuvole, labile,
l’illusione che esista in un punto ignoto
tra la luna e le galassie, tra gli atomi
frementi in una ordinata calca, un senso,
un profondo senso perso e dimenticato,
un senso che consoli l’errabondo muoversi
degli astri, della terra, del pensiero nostro,
del giorno frenetico, delle vite pulsanti
e delle rocce, dell’acque e degli animali,
del gregge che bela, bela ancora nonostante
tutto, del campo fragrante che un contadino
cura e un pensatore ammira, del mondo
che danza regolare nello spazio e ripercorre
il sinuoso e materno moto di una culla.

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