E vabbè, capita


Io ogni sera punto la sveglia. Mica fuffa. Uno dice ‘puntare la sveglia’. Sai che emozione. Invece è lì che ti crolla il cosmos. Che poi ormai fanno i vetri con dentro una resina collosa, che anche se tutto va in mille pezzi, questi mille pezzi restano belli attaccati lì, non ti cadono addosso. Ma il cosmos di sicurezza, che se ti si rompe non ti crolla addosso, non l’hanno ancora inventato. O ti droghi o ti fai di psicofarmaci. Ma allora tanto vale prendersi un bel cosmos in frantumi in testa… Mica sono sull’orlo del cornicione, no. Anzi stasera sono molto gaio (per non sprecare riferimenti…). No davvero, si è bevuto buon vino, frizzante, che quando lo abbiamo aperto ha fatto un botto da pneumatico che scoppia.

O da petardo nella notte.

O da bombe su una città deserta.

O da cosmos che ti esplode addosso.

Solo che quello il botto te lo fa dentro, in un punto indefinito tra le costole e il cuore. Non lo sente nessun altro. No, giuro che non sono sul cornicione. È solo una presa d’atto. Una bella attivazione di quella facoltà della mente che chiameremo ‘coscienza di valere una pippa e di contare anche meno’. Ma al di là di questo, si parlava di sveglie. Ecco, la sveglia è un ordigno infernale. Con quel suo cavolo di pulsantino, che ogni sera devi andare lì ad accenderla, se no il giorno dopo puoi anche dire addio alla scuola. È infernale perché per questo motivo tu devi fare la stessa operazione – accenderla – ogni santissimo giorno. È infernale perché ti rendi conto di quanti giorni passano. È infernale perché ti ritrovi lì, a puntare la sveglia, senza quasi distinguere un giorno da un altro, con la consapevolezza di essere arrivato a sera, ma senza sapere come. Ogni volta che si punta la sveglia, è uguale alle precedenti. E così ho la percezione netta e distinta di come i giorni si susseguano uguali, sempre a vivere a metà, sempre a finire col puntare la sveglia. Sempre a darmi l’appuntamento alla sera successiva: “Senti, adesso punta la sveglia e vai a letto. Poi domani ci vediamo ancora qui, sotto questa lampadina analfabeta e tiranna della sua poca smorta luce, davanti ai numerini rossi del display, più o meno a questa stessa ora. No, no, tranquillo: non me ne frega niente di cosa fai domani, con chi ti vedi, quanti votoni o votacci prendi. Basta che domani a quest’ora sei ancora qui a puntare la sveglia. Allora, solo allora, ci rivedremo. Prima no. È meglio”. Magari qualcuno potrebbe anche chiedersi tra chi avviene questa discussione. Bella domanda. Se lo chieda e si risponda anche, perché io non lo so e non mi interessa. Succede. E mi andava di scrivere così. Non è giusto comunque: uno punta la sveglia e gli scoppia il cosmos addosso. Come i petardi: mi è scoppiato il cosmos in mano. Mi sono partite le dita;

l’indice si è conficcato nella Polare, che ho passato un monte ore paragonabile a una settimana scolastica per cercarla quest’estate, sempre col dito puntato al cielo;

il mignolo si è incastrato tra il fa e il fa diesis del piano, dato che nonostante la tonalità si bemolle maggiore, io continuo a ficcare dentro (direi: surrettiziamente…) il fa diesis: prima o poi Bach mi trasforma in una canna d’organo, condannandomi a fare il fa naturale per l’eternità;

l’anulare l’ho perso, che tanto non porterà mai un anello;

il pollice si è confitto sanguinante nel dizionario di greco, a perenne monito per chi, come me, tiene il segno delle pagine con tale dito: mai e poi mai il diro e crudele greco renderà la dita a chi gli porse una mano;

chi manca? il medio; il medio mi è rimasto; è macabramente l’unico ancora attaccato alla mano, lui, solo lì in mezzo, in uno scenario vuoto, sanguinolento e livido. Ma lui, lì in mezzo, se ne sta fieramente alzato, a mandare affanculo il mondo intero. Ma queste sono altre storie, altre disgrazie… In fondo quando vedi che il cosmos crolla intorno a te, se hai del buon vino frizzante, puoi anche sorridere.

Osò guardare la reggia che crollava con volto sereno.

Poi fa niente se il personaggio che osò tanto, pochi versi dopo si suicida.

E vabbè, capita.

1 commento:

Ghost of a Rose ha detto...

Questa è geniale. Sul serio, è veramente ma veramente geniale.
Dai cornicioni (comunque) si vede bene il mondo, meglio che dai davanzali: non hai vetri, nè muri, in mezzo.
L'importante è non perdere l'equilibrio! ;-)

ri'